Castore, Polluce e poi ?

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Quanti conoscono le mirabolanti imprese del CIRA (Centro italiano di Ricerche Aerospaziali) compiute negli ultimi anni con il progetto USV (Unmanned Space Vehicle)?
Certo, in un paese in cui non si sa che fine abbia fatto l’informazione, dove i media seguono l’onda della falsa politica, dei pettegolezzi di giornali di terzo e quarto ordine, dove il massimo dello scoop sono le feste privee del politico di turno, mi meraviglierebbe che qualcuno sapesse a cosa mi riferisco….

Comunque:11 aprile 2010. Ha compiuto con successo la sua seconda missione l’USV, il velivolo aerospaziale senza pilota del CIRA, il primo al mondo nel quale si è cercato di utilizzare una forma aeronautica per indagare una parte delle traiettorie di rientro dallo spazio.

Protagonista di questa missione il velivolo “Polluce”, secondo esemplare di USV realizzato dal CIRA con il contributo di importanti industrie nazionali del settore, così come il gemello “Castore”, che ha compiuto la sua missione nel febbraio 2007 (vd: http://stratocat.com.ar/fichas-e/2007/TOR-20070224.htm)

POLLUCE

CASTORE

Il lancio e’ avvenuto alle ore 8:45 dall’Aeroporto di Arbatax-Tortolì in Sardegna, nei pressi del Poligono Interforze di Salto di Quirra (PISQ). La missione si e’ conclusa alle ore 11:20 con l’ammaraggio dell’USV, in una zona di mare isolata e controllata dal PISQ. Il recupero del velivolo, e’ avvenuto ad opera della nave Tavolara della Marina Militare.

Nelle prime ore del mattino e’ stato gonfiato (con 340.000 metri cubi di elio) il pallone stratosferico che ha portato il velivolo, privo di motore, alla quota stabilita di 24 km. Successivamente, Polluce e’ stato sganciato ed ha accelerato in caduta fino ad una velocità di 1,2 Mach.
La parte piu’ importante della missione, ovvero la fase sperimentale vera e propria, e’ durata 140 secondi durante i quali il velivolo, grazie alle tecnologie del volo e alle leggi di controllo autonome messe a punto nell’ambito del programma USV, ha compiuto una serie di operazioni estremamente complesse tra cui: una manovra di richiamata (piu’ lunga rispetto a quella effettuata durante il primo lancio), una manovra a velocità costante ed assetto variabile definita ‘alfa-sweep’, e due virate con manovre latero-direzionali. Un’ultima manovra di richiamata ha portato al rallentamento del velivolo fino ad una velocità prossima a Mach 0,2 (circa 250 km/h), consentendo, così, l’utilizzo di un paracadute convenzionale fino all’ammaraggio.

L’esperienza operativa maturata con il primo lancio, così come l’analisi dei dati raccolti hanno consentito, dunque, non solo di realizzare un velivolo piu’ avanzato rispetto al precedente, ma anche di progettare una seconda missione piu’ complessa, sia dal punto di vista delle velocità da raggiungere, che delle manovre da effettuare.

I milioni di dati raccolti durante la missione saranno ora studiati e analizzati dal CIRA. Le prossime settimane consentiranno di esplorare la valenza scientifica e tecnologica della missione capitalizzando tutti i risultati raggiunti.

Obiettivo di questa missione era l’acquisizione di dati relativi al volo transonico, fase particolarmente critica e meritevole di ulteriori approfondimenti, e supersonico di un veicolo piu’ affusolato degli attuali sistemi di rientro. Nei prossimi anni, si prevede di realizzare laboratori volanti ancora piu’ sofisticati, per lo studio delle complesse fasi del volo ipersonico (5000-6000 km/h) in atmosfera e di rientro dallo spazio per mettere a punto alcune delle principali tecnologie e metodologie che consentiranno alle nostre industrie di sviluppare i futuri velivoli spaziali e transatmosferici in grado di ridurre notevolmente il tempo di collegamento tra diversi continenti.

La presenza a bordo di due ‘passeggeri’ ha rappresentato un altro elemento caratterizzante di questa seconda missione. Si tratta di due esperimenti: uno proposto da una PMI campana, Strago Ricerche, basato sull’uso di tecnologia MEMS (sistemi elettromeccanici miniaturizzati) per la misurazione delle accelerazioni caratteristiche del volo fino all’ammaraggio; l’altro, ideato da alcune scuole medie superiori della Puglia, finalizzato alla rilevazione dell’opacità dell’atmosfera collegata alla presenza di aerosol.

Al successo del programma e di questa missione hanno contribuito, oltre ai laboratori di ricerca del CIRA, le principali aziende italiane del settore in fase di progettazione e realizzazione dei velivoli, diversi enti e istituzioni, quali ENAC/ENAV, Aeronautica Militare, Marina militare, ESA, ASI, per la fase operativa. Il tutto con l’azione di coordinamento tecnico-gestionale e supervisione operativa svolta dall’Ufficio Sistemi Spaziali del CIRA guidato dal Program Manager USV, Gennaro Russo.

“Il volo di Polluce – ha detto il presidente del CIRA, Enrico Saggese – rappresenta un importante passo avanti nelle ricerche per la realizzazione di nuovi sistemi di rientro automatici che in futuro porteranno alla realizzazione di shuttle di seconda generazione, con capacità di manovra ad altissima velocità e di atterraggio completamente autonomo”.
“La strategia del CIRA di investire su questo tipo di ricerche – ha aggiunto Saggese – si e’ dimostrata vincente anche per le analogie con studi simili avviati dall’Agenzia Spaziale Europea per i sistemi di rientro automatici, rispetto ai quali il CIRA, con questa missione, si pone in una posizione di assoluto rilievo”.

“Dopo l’esperienza di Castore, – ha detto il responsabile del Programma USV, Gennaro Russo – quella di Polluce va ad arricchire le competenze consolidate che il CIRA da circa un decennio sta accumulando nel settore dei futuri sistemi ipersonici e di rientro spaziale. Avvicinare l’aeronautica allo spazio e’ l’obiettivo principe del programma USV, che punta ad utilizzare in ambito spaziale velivoli a piu’ alta efficienza aerodinamica”.
“Il futuro del programma – ha concluso Russo – riguarda una ulteriore missione con Polluce per poter raggiungere una velocità massima prossima a Mach 2. Nel frattempo si sta studiando un altro velivolo capace di realizzare un volo a Mach 8 (circa 10000 km/ora) che dovrebbe volare entro 3 o 4 anni”.

QUANTI MILIONI DI ERUO  per arrivare a 24 Km ???
…dobbiamo anche esaltarci ?

Forse è davvero un successo, anche se non riesco a capirne la portata… ma se è così perche’ i media non danno spazio a queste informazioni ? Il progetto ed i test continuano da diversi anni… e per altri anni ancora, con finanziamenti pubblici… NON SAREBBE GIUSTO CONOSCERE E CONDIVIDERE MAGGIORMENTE I SUCCESSI OLTRE CHE LE SPESE ?

Almeno gli “originali” Castore e Polluce parteciparono alla ricerca del VELLO D’ORO !

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Futuro tecnologico… o forse no ?

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LA TECNOLOGIA FA PASSI AVANTI… realizzando le idee del passato !!
PISA: Marzo 2012.
Il primo esoscheletro per la servoamplificazione di forza realizzato in Italia, che per le sue caratteristiche tecniche può essere considerato il più complesso sistema robotico indossabile al mondo, è ora diventato realtà grazie al dispositivo sviluppato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Può essere applicato sia in ambito militare (il progetto è stato finanziato dal ministero della Difesa) ma anche per complesse operazioni di protezione civile.

Si tratta di uno strumento cibernetico esterno che riesce a potenziare le capacità fisiche, amplificando fino a 20 volte la forza dell’utilizzatore che lo indossa, agendo come una sorta di muscolatura artificiale. Un primo prototipo del dispositivo, denominato “body extender”, è stato completato nel marzo 2009 alla Direzione generale degli armamenti terrestri del ministero della Difesa, che aveva cofinanziato il progetto della Scuola pisana per un esoscheletro indossabile destinato ad applicazioni militari, soprattutto di tipo logistico. Il “body extender” è costituito da un corpo centrale a cui sono collegati 4 arti robotici (2 braccia e 2 gambe), caratterizzato da capacità di movimento paragonabili a quelle del corpo umano. E’ in grado di inseguire, incontrando la minima resistenza, i movimenti delle gambe e delle braccia dell’operatore e di amplificarne le sue forze esercitate sull’ambiente esterno.

La novità che rende unico al mondo questo dispositivo, spiegano i ricercatori pisani, “é costituito dall’elevato numero di gradi di libertà (ben 22) consentiti all’operatore e ogni grado di libertà è dotato di un sensore di posizione angolare controllato in modo indipendente dagli altri, attraverso un motore elettrico dedicato”. Il dispositivo è inoltre dotato di sensori di forza collocati in corrispondenza dei punti di contatto con il corpo dell’operatore, che consentono al body extender di capire le intenzioni di movimento.
Chi lo utilizza ha estrema libertà di movimento sulle gambe e può compiere passi avanti, indietro e laterali, roteare sul posto, accovacciarsi, salire e scendere gradini. Inoltre, utilizzando entrambe le braccia robotiche, si possono sollevare esostenere carichi fino a 100 chilogrammi, anche per lunghi intervalli di tempo.

QUANTI DI VOI HANNO PENSATO AD ALIEN ? Il famoso film del 1979 di Ridley Scott ??
Troppo simile questo esoscheletro a quello indossato da  Sigourney Weaver per combatter “Il nemico” alieno?


…e se ci avessero pensato anche a Pisa ?
Perchè non credere che si siano ispirati a quelle mitiche scene del film ?

Ma spingiamoci oltre…
e se addirittura all’origine di questi tentativi di realizzazione tecnologica per il potenziamento delle capacità fisiche umane vi fossero altre influenze, un po’ meno evidenti, ma più “subliminali” ?

Pensate al fatto che la generazione di questi scienziati è quella cresciuta con le immagini dei primi cartoni animati giapponesi con i protagonisti “potenziati” dalle loro armature… se ne potrebbero citare centinaia, forse migliaia:

    


Ci stiamo forse avvicinando alla realizzazione dell’ultima evoluzione di queste “invenzioni” tecnologiche?

E pensare che tra i primi c’era il buon J.JONA JAMESON nel num.25 dell’ Amazing Spiderman… deciso a catturare il simpatico tessiragnatele…

I nostri scienziati copiano Rambaldi, che copiò STAN LEE che prese spunto dai Giapponesi… che copiavano l’abilità degli artigiani del loro medioevo, che continuavano a sviluppare l’antico sogno di superare i limiti della fragilità umana con le loro armature che erano molto più che un involucro protettivo: nascondevano armi e trucchi tecnologici per stupire l’avversario e superarlo nello scontro.

La storia puo’ addirittura esser seguita lungo il filo di questo tipo di miglioramenti tecnologici, tutti atti a potenziare l’uomo per “vincere” contro l’uomo stesso, sia esso il proprio simile o se stesso.

Pero’ nella storia si distingue almeno un tentativo differente di vincere i limiti umani, non inteso nel mero senso della forza e della potenza, quanto della LIBERTA’… raggiungere il grande sogno: IL VOLO UMANO.

…e questo scienziato era originario anche lui, guarda caso, proprio delle zone di PISA !!
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Verso la FUSIONE NUCLEARE

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(ANSA) – ROMA, 23 MAR – In una frazione infinitesimale di secondo e’ possibile sprigionare mille volte l’energia consumata dagli Usa. Lo ha dimostrato il laboratorio del National Ignition Facility, in California, che ha generato l’impulso laser piu’ potente mai registrato, una tappa fondamentale verso la fusione nucleare. Il record e’ stato battuto il 15 marzo. I 192 laser del laboratorio hanno ‘sparato’ all’unisono verso il centro della camera bersaglio, producendo una luce ultravioletta di 1875 milioni di Joules.

laboratorio del National Ignition Facility, in California

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Giacomo: è più facile fare il premier che fare il papà

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Per la festà del papà (19.03.2012),

Giacomo Poretti (il ‘GIACOMO’ del famoso trio comico ALDO-GIOVANNI-GIACOMO), ha scritto questo bellissimo post apparso sul sito della stampa, !! TANTO VERO QUANTO DIVERTENTE !!

GIACOMO PORETTI – MILANO
Fare il papà non e’ facile, ci si sente strani, in imbarazzo. E poi i figli fanno domande difficili. E’ più facile fare lo zio e il nonno. E’ più facile fare il premier che fare il papà. Anche l’astronauta e’ più facile da fare, arrivo persino a dire che e’ più facile fare l’amico che fare il papà! I papà moderni e quelli di una volta sono molto diversi tra di loro, ma in una cosa si assomigliano: nel non voler togliere spazio al ruolo delle madri, consapevoli che certe cose, quali sostituzione di pannolini, preparazioni di pappe, tattiche e procedure per arginare le colichette, siano meglio svolte dalle mamme; loro, i papà, si mettono umilmente da parte. Quando nasce un figlio, in genere, per i primi anni di vita il papà non si fa molto vedere, non e’ molto coinvolto nel processo di crescita e di educazione dei pargoli; nei primi due anni di vita o forse anche tre, i papà si dedicano al loro lavoro dalle 7 del mattino fino alle 21-21,30. Quando rientrano vanno a dormire fino alle 6,58 del giorno dopo. Alcuni padri vedono il loro figlio per la prima volta quando lo portano a scuola il primo giorno delle elementari. Io ho avuto un papà di una volta, di quelli antichi. Io ho avuto un solo papà, ai figli moderni ne possono capitare anche 2 o 3. I papà di adesso sono diversi da quelli di una volta, intanto quelli moderni giocano a tennis, sanno sciare, vanno in mountain bike, di mestiere fanno l’interior designer, collezionano Rolex degli Anni 50, fingono di sapere come investire il loro patrimonio, alla domenica portano la famiglia al ristorante 2 stelle Michelin dove lo chef cucina le lasagne molecolari; il pasto finisce con la nonna che si lamenta e dice che sono più buone le sue. I papà di una volta giocavano a briscola, quasi tutti lavoravano in fabbrica, dove andavano con bicicletta, e se per caso si bucava una ruota la aggiustavano loro; di soldi non ne avevano, così non sbagliavano investimenti, la domenica si mangiavano le lasagne cucinate dalla mamma e la nonna si lamentava sotto voce dicendo che le sue erano più buone. I papà moderni ti portano in vacanza due settimane in Patagonia e due settimane in barca ai Caraibi, perché ai bambini bisogna fargli fare un po’ di mare e un po’ di montagna. I papà moderni devono lavorare 12-14 ore al giorno per 11 mesi l’anno perché devono pagare lo skipper del catamarano e le tute anti-assideramento usate in Patagonia, perché loro, i papà moderni, in Patagonia ti portano in bassa stagione per risparmiare, solo che lì e’ inverno polare. I papà di una volta il mare lo vedevano solo quando andavano a trovare i figli alla colonia marina di Pietra Ligure: due domeniche al mese; la nonna si lamentava sempre e diceva che secondo lei il mare di Pinarella di Cervia, che aveva visto in cartolina, era più bello. Il mio papà il resto della vacanza lo usava per imbiancare la casa, riparare le tapparelle e giocare a carte alla bocciofila Combattenti e Reduci; la nonna diceva che il nonno era più bravo del papà a giocare a briscola. I papà moderni lavorano tanto e regalano ai figli l’iPhone. Se i figli dei papà moderni non telefonano quattro volte al giorno, non mandano una mail, non inviano un filmato della lezione di judo e non twittano al papi prima e dopo i pasti, i papà moderni si preoccupano e vanno dallo psicologo perché non riescono ad avere un buon rapporto con i loro figli. I papà di una volta,se arrivava il vicino a dirgli che era arrivata una telefonata per loro, chiedevano preoccupati se era morta la nonna. Ai papà di una volta se gli arrivavano due telefonate in un anno erano autorizzati a vantarsi un pochino, e in mensa gli facevano un brindisi. Alla terza telefonata la nonna si lamentava e diceva che si era persa la virtù del silenzio. Quando i papà moderni accompagnano i figli alla partita di calcio del sabato pomeriggio, riescono a litigare con l’arbitro, con l’allenatore e con i papà della squadra avversaria; i sabati che il figlio perde litigano anche con il magazziniere, con il posteggiatore, con il figlio stesso e con la moglie e la nonna poi a casa. Un sabato la mia squadra ha perso il derby contro il Busto Garolfo, mio papà e’ stato zitto fino a casa, poi ha trangugiato un Fernet Branca, ha acceso una nazionale senza filtro e mi ha detto: “Allenati a palleggiare e a tirare le punizioni, storia e matematica li farai la settimana prossima”. I papà moderni quando un figlio torna da scuola con un 4, denunciano il professore per mobbing. I papà di una volta, se tornavi a casa con una nota da firmare, loro scrivevano sul diario “bravo prof, raddrizzi la schiena a questi invertebrati”. I papà moderni portano i figli a fare magic jumping buttandosi dai ponti dell’autostrada per 250 metri, ma se devono fare le condoglianze alla vicina a cui e’ morto il marito si cagano sotto. I papà moderni ti spiegano come si usano le applicazioni su iPhone tipo Shazam o iTorcia, ma non sanno che differenza c’e’ tra un uovo per fare la carbonara e uno da cui nasce un pulcino. I papà moderni ti spiegano la differenza tra musica lounge, tecno e ambient, ma non sanno cantarti “Che gelida manina se la lasci riscaldar…” della Bohe’me . Mio papà, quando andava alla cena dei coscritti, tornava alticcio, come tutti i coscritti, apriva la porta di casa e attaccava l’aria del tenore. La mamma, trattenendo il riso, fingeva di essere la Mimì dell’opera e lasciava paziente che il suo Rodolfo si smarrisse tra le ottave e gli accordi irraggiungibili e si addormentasse vestito. Io e mia sorella eravamo convinti che nostro papà fosse più bravo di Mario Del Monaco. Quando poi un figlio moderno compie 16 anni, i loro papà li accompagnano in discoteca alle 23 e li vanno a prendere alle 4 del mattino con il Suv. I papà di una volta piuttosto che mandarti in discoteca si mettevano a studiare con te i verbi irregolari e il genitivo sassone. Fare i compiti insieme al papà moderno e’ molto istruttivo: e’ probabile che ti aiuti a comprendere le equazioni, che sappia i fiumi, i monti e la capitale delle Maldive, e che conosca la differenza tra Valentino e Dolce & Gabbana. Se facevi i compiti con i papà di una volta eri bocciato di sicuro. I papà moderni vogliono vestirsi come i loro figli, parlare come loro e vogliono diventare loro amici su Facebook. I papà moderni sono contenti quando i loro figli accettano di essergli amici su Facebook. Ho sentito la nonna borbottare e diceva che o si fa il papà o si fa l’amico. Se i figli moderni chiedono: “Papà, cosa preferisci: la pasta o il riso?”, loro rispondono: dipende… Papà, ma tu voti a destra o a sinistra? Dipende… Se i figli domandano se bisogna sempre dire la verità, i papà moderni rispondono: dipende… Ma papà bisogna fermarsi per far passare i pedoni sulle strisce? Dipende… Ma papi, e’ vero che fa male farsi uno spinello? Dipende… Papà, ma a te piacciono le donne vero? Dipende… Mio papà, a cui e’ sempre piaciuto il risotto, mi ha insegnato cose meravigliose: a fare il presepe, a tifare per l’Inter, a fare il nodo della cravatta, a fare la barba con la lametta, ad andare in bicicletta, a bere un bicchiere di vino tutto d’un fiato, a vestirsi bene la domenica, a essere bravo nel lavoro, a cercare di avere sempre un amico, a portare un mazzo di fiori ogni tanto a tua moglie, a ricordarsi dei nonni e dei nostri morti, perché noi senza di loro non ci saremmo, perché Giacomo e’ figlio di Albino il fresatore, che era figlio di Domenico il mezzadro, figlio di Adriano il ciabattino che era figlio di Giuseppe il falegname figlio di Giosue’ lo stalliere… Dalla prima elementare alle terza media si fa di tutto per assomigliare e imitare il papà, dai 15 anni ai 22 non lo puoi vedere, fino ai 36 ti e’ abbastanza indifferente, verso i 40 ti fa incazzare da morire perché nel frattempo lui ha superato i settanta e se in gioventù aveva il suo bel carattere adesso e’ ostinato come tutti gli anziani, dai 42 in avanti riesci a capire quanto sforzo abbia fatto a studiare l’inglese con te e ne provi una tenerezza struggente. Ho cercato tutta la vita di non assomigliare a mio papà e ora invece mi accorgo di essere uguale: me ne sono accorto quando mio figlio l’altro giorno mi ha chiesto come si dice centravanti in inglese.

 Link: http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/446811/

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